IL TRIBUNALE Rilevato che nel proc. pen. n. 532/1994 reg. tribunale due dei componenti del collegio dibattimentale sono gli stessi giudici che, con funzioni ex art. 309 c.p.p., hanno emesso in data 15 marzo 1994 l'ordinanza con la quale veniva confermata la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli imputati Dimmito D. Debbellonio M., Prezioso F. in ordine ai reati ascritti a ciascuno di essi; Preso atto che in data 15 settembre 1995 risulta depositata sentenza n. 432 della Corte costituzionale con cui e' stata dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma secondo del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 25 della Costituzione; Considerato che nella succitata sentenza la Corte, pur richiamando la decisione n. 502 del 1991 con cui si era esaminata identica questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede che la previa conoscenza degli atti delle indagini preliminari acquisita dal giudice in occasione del riesame ex art. 309 c.p.p. comporti l'incompatibilita' a partecipare al dibattimento; e la si era risolta ritenendola non fondata, purtuttavia affermava che i nuovi principi enucleati in seguito dalla stessa Corte, unitamente all'intervenuto mutamento del quadro normativo, consentono ora di pervenire a diversa conclusione, per cui la richiamata decisione non appare preclusiva alla nuova analisi della medesima questione; Preso atto che la Corte fissava di conseguenza il principio secondo cui il giudice, il quale si e' pronunciato sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza al fine dell'applicazione di una misura cautelare personale, esprime un giudizio di merito in ordine alla responsabilita' dell'imputato tale da rendere o far apparire la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato, da parte dello stesso giudice, condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento: cio' evidentemente in quanto il giudice il quale applica una misura cautelare personale affronta, in termini sia pur probabilistici, questioni inerenti la responsabilita' della persona nei cui confronti e' stata avanzata richiesta di provvedimento cautelare; Ritenuto che tale principio, fissato per il giudice che abbia applicato una misura cautelare personale, puo' estendersi anche al giudice che, quale componente del tribunale del riesame, abbia conosciuto gli stessi atti d'indagine e rivalutato nel merito la ricorrenza dei medesimi indizi di colpevolezza riscontrati dal primo, vista la assoluta identita' dell'oggetto del giudizio rimesso ai due organi giudiziari, ricognitivo di elementi indiziari e valutativo degli stessi in termini di gravita'; Considerato che quindi tale questione, sollevabile d'ufficio, non appare manifestamente infondata, essendo possibile che gli apprezzamenti espressi dal giudice in qualita' di componente del tribunale del riesame ex art. 309 cit. sui risultati delle indagini preliminari determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' dello stesso giudice; Ed ancora che la stessa questione appare rilevante ai fini del giudizio in corso, in quanto dall'eventuale accoglimento della stessa potrebbe discendere l'incompatibilita' di tutti i componenti il Collegio a partecipare al giudizio, per la quale sussiste l'obbligo di astensione del giudice ex art. 36, primo comma, lett. g) c.p.p.; Ritenuto pertanto che la questione va rimessa al giudizio della Corte costituzionale, con contestuale sospensione del processo nei confronti dei predetti imputati.